
Lo STATO MENTALE DEL GENITORE è in grado di influenzare il suo STILE DI ACCUDIMENTO, ovvero le modalità attraverso cui egli si prende cura del proprio bambino.

Uno stato mentale può essere definito come l’insieme di pensieri, emozioni, sensazioni, percezioni, rappresentazioni e immagini mentali che abbiamo in un determinato istante.
I nostri stati mentali mutano continuamente
Passiamo continuamente da uno stato mentale a un altro in relazione agli stimoli ambientali e relazionali che ci circondano. Gli stati mentali quindi sono ciò che noi proviamo, pensiamo e sentiamo, e il nostro comportamento è l’espressione esterna di tali stati interni.
La relazione con un figlio, le interazioni e gli scambi emotivi con lui, attivano automaticamente nel genitore determinati stati mentali, che possono variare molto da un genitore a un altro.
Per esempio, quando il bambino piange, il suo pianto provocherà nel genitore un certo stato mentale, ovvero un certo insieme di pensieri, emozioni e sensazioni.
Un genitore potrebbe pensare che il bambino ha bisogno di lui. Potrebbe provare una leggera preoccupazione necessaria ad accorrere e si potrebbe sentire sicuro ed efficace nel rispondere alle sue necessità.
Un altro genitore, invece, al pensiero che il bambino è in difficoltà e ha bisogno di lui potrebbe provare angoscia e si potrebbe sentire inadeguato e incerto nel dargli le cure di cui necessità.
Un altro genitore ancora potrebbe non pensare che il bambino ha bisogno di lui, ma che stia facendo un capriccio. Potrebbe provare una leggera rabbia e sentirsi infastidito.
Da questo esempio si può intuire come lo stato mentale di ogni genitore andrà a plasmare il modo in cui egli si prenderà cura del bambino, ovvero il suo comportamento di accudimento.
Correlazione tra stile di accudimento e stato mentale
L’aspetto interessante su cui vorrei focalizzare l’attenzione è che molti studi (Hesse e Main, 1999; Bretherton e Munholland, 2003; Hesse, 2010) hanno evidenziato una forte correlazione tra lo stile di accudimento del genitore e il suo stato mentale relativo alle proprie esperienze infantili di attaccamento.
In particolare, sono state individuate 4 tipologie di stati mentali relativi alla storia di attaccamento:
- Stato mentale “libero o autonomo”: il genitore porta con sé un insieme chiaro e coerente di memorie, pensieri ed emozioni riguardanti le proprie esperienze di attaccamento, sia positive che negative. Ne riconosce l’importanza e l’impatto che hanno avuto su di lui, ma senza esserne eccessivamente influenzato nel presente.
- Stato mentale “distanziante”: il genitore tende a minimizzare il ruolo che le relazioni di attaccamento hanno avuto per lui. Tende a distanziare emozioni e sentimenti dolorosi che hanno caratterizzato la sua storia, come se non l’avessero toccato o influenzato in alcun modo.
- Stato mentale “preoccupato”: il genitore è travolto dalle emozioni intense e dai ricordi relativi alle proprie esperienze di attaccamento, come se fosse ancora impigliato nella sua storia passata, la quale continua a esercitare una forte influenza sulla sua vita.
- Stato mentale “irrisolto”: il genitore ha pensieri, immagini, emozioni e sensazioni confuse e disorientanti rispetto alla propria esperienza di attaccamento, caratterizzata da eventi traumatici non ancora elaborati.
Quello che si è visto è che ognuno di questi stati mentali ha un impatto sulle modalità con cui il genitore si relaziona e accudisce il proprio bambino:
- Un genitore con stato mentale “autonomo” tende a riconoscere più facilmente i bisogni di cura del proprio bambino, ad accoglierli con maggiore disponibilità e a rispondervi in maniera efficace.
- Un genitore con stato mentale “distanziante” è incline a minimizzare le richieste di vicinanza e cura del bambino, spingendolo maggiormente a “cavarsela da solo”.
- Un genitore con stato mentale “preoccupato” tende ad enfatizzare e amplificare le reazioni emotive, sia proprie che del bambino, facendo poi fatica a regolarle e a ristabilire un equilibrio.
- Un genitore con stato mentale “irrisolto” di fronte alle richieste di protezione del bambino può reagire in maniera imprevedibile. Può alternare atteggiamenti spaventanti, a momenti di assenza fisica e/o mentale, o mostrandosi esso stesso spaventato.
Tutto ciò mette in evidenza come la rappresentazione che i genitori hanno sviluppato rispetto alle esperienze precoci con le proprie figure di riferimento siano in grado di influenzare i loro comportamenti di accudimento e, quindi, la relazione attuale con i loro bambini.
Questo vuol dire che il nostro “destino genitoriale” è segnato e quindi non possiamo fare nulla per cambiare il nostro stile di accudimento?
ASSOLUTAMENTE NO!
Conoscere l’esistenza di questi processi, ci aiuta a capire perché a volte ci viene da reagire e comportarci in determinati modi con i nostri bambini. E che cosa può interferire nella relazione con loro.
Tale consapevolezza ci permette di cogliere che non tutto ciò che noi proviamo nella relazione con i bambini è relativo a ciò che sta accadendo in quello specifico momento presente. Ma che alcune nostre emozioni, sensazioni o reazioni in realtà sono dovute allo stato mentale che quelle situazioni ci rievocano.
Questo fa sì che spesso basti davvero riflettere un po’ di più su se stessi, sulla propria storia e sulle proprie modalità. Per migliorare e dare una svolta a delle situazioni problematiche con i propri bambini che prima sembravano insormontabili.
Ricordate: NON È MAI TROPPO TARDI!
A voi è capitato, durante un’interazione con vostro figlio, di riconoscere pensieri, emozioni o sensazioni che richiamavano aspetti più legati alla vostra storia passata che a quello che stava accadendo in quel momento? Che effetto vi ha fatto e come li avete gestiti?